Capodarco l'altro festival

Mohammed è un ragazzo di diciannove anni. Ascolta musica hip hop, si veste come un italiano. L'autrice lo ha incontrato al Residence Ripamonti, il gigantesco albergo di Pieve Emanuele che da aprile ospita 400 immigrati fuggiti dalla Libia. La sua è una “storia qualunque”, una come tante fra quelle dei rifugiati di Pieve. Una storia che parte dal Ghana e si ferma tre anni in Libia. Mohammed lavora per un’azienda italiana come carpentiere:  600 dollari al mese in nero, una vera fortuna. Ma poi arriva la guerra. Gli dicono: "O combatti o muori". Mohammed corre al porto e si imbarca alla svelta. In mare, l’attesa, la paura, il motore che non funziona più. Poi, la salvezza: un pescatore il avvista e chiama i soccorsi, che li conducono a Lampedusa. Oggi Mohamed è qui, ha solo voglia di lavorare, divertirsi, di raccogliere i soldi per tornare un giorno in Ghana. Il suo oggi è un’attesa, per quel permesso che dovrebbe permettergli tutto questo, e che tarda ad arrivare.